PIERANUNZI, ENRICO
UNTOLD STORY
Barcode: 8015948001288 / Cat: SCA128 / 1 CD / Label: EGEA
Registrato il 15 e 16 febbraio 1993, studio Gemmick (Yerres-France) STORIE “DICIBILI” E “INDICIBILI”…
Era il febbraio del 1993, a Parigi – sono già passati tredici anni – e in quel periodo vide la luce il giornale Jazzman. Una delle idee che ci vennero per distinguerci dai nostri colleghi fu quella di offrire ai nostri lettori reportage in anteprima dagli studi d’incisione in cui si realizzavano le produzioni da pubblicare nei mesi seguenti. E’ in questo contesto che, per il tramite di Philippe Vincent, mi capitò il privilegio di assistere alla nascita di un trio d’eccezione. Vincent, produttore del marchio Ida, aveva già pubblicato per la sua etichetta alcune sontuose registrazioni firmate da Louis Sclavis o Barney Wilen, senza dimenticare un disco oggi di culto, a nome di Riccardo del Fra – un album di “duetti” dedicato a Chet Baker nel quale appariva, in due titoli, Enrico Pieranunzi. Proprio sulla scia di quest’ultima produzione Philippe Vincent aveva proposto ad Enrico di cominciare a registrare per il suo catalogo. La prima incisione fu in piano solo, si intitolava “Parisian Portraits” e la sua musica raffinata si indirizzava ad ascoltatori di sicura competenza. Seguì poi un album in duo con il contrabbassista Marc Johnson (“The Dream Before Us”), in cui si poteva apprezzare al massimo grado il formidabile interplay tra i due musicisti. Logicamente, gli appassionati dell’universo musicale di Pieranunzi attendevano impazienti che arrivasse un terzo elemento per da vita a un trio. Quando questo elemento arrivò – si trattava, appunto del batterista Paul Motian - ci venne naturalmente l’acquolina in bocca, e l’ascolto dei nastri registrati dai tre ci confermò nella giustezza del nostro felice presentimento.
A riascoltarlo, tredici anni più tardi, “Untold Story” appare una sorta di “punto di svolta” nell’itinerario artistico del pianista romano.
Il suo stile solistico appare ancora caratterizzato qui da un doppia eredità: l’ascendenza “hard pop” e modale da una parte, con la sua energia molto fisica (possiamo definirlo lo stile del primo Pieranunzi, il giovane pianista che negli anni ’70 accompagnava glia americani di passaggio nella capitale italiana). E dall’altra parte il suo versante “tristaniano”, fluido, mobile, che si può ricollegare all’eredità di Bill Evans, e che sembra ripartire dal punto in cui il pianista americano, ancora in piena ispirazione, si era fermato, nel 1980. Questa sorta di “doppio binario” stilistico sembra incarnarsi, tra l’altro, nel carattere ludico di quell’improvvisazione a tre che non a caso è intitolata “Improlude”.